Prendiamo un virus. Un virus devastante che ha creato una emergenza come nessun altro. I governi per fronteggiarla hanno bisogno di strumenti extra. Non meno di 84 quattro Stati hanno agito con legislazione di emergenza investendo di super poteri gli esecutivi.
I paesi più a rischio sono quelli con democrazie fragili e radici dai valori poco profondi che stanno piano piano scivolando in un problema di equilibrio dei poteri istituzionali.
Prendiamo l’Ungheria, ormai caso famoso, dove il Primo Ministro, Viktor Orban, ha eroso in un decennio i meccanismi di bilanciamento democratico. Sotto la “legge sul nuovo coronavirus” può ora governare per Decreto come formalmente un dittatore; rimarrà nei suoi poteri fino alla revoca considerando che il suo partito controlla il parlamento chissà quando arriverà.
L’Ungheria è un membro dell’Unione Europea del club delle “ricche democrazie” e sta agendo come il Togo oppure la Serbia che hanno dei leader che hanno assunto poteri simili per il solito pretesto.
La pandemia ha dato le ragioni per post porre le elezioni come ad esempio in Bolivia o di insistere con la votazione mentre le opposizioni non possono propagandare come è successo in Guinea.
Le regole del blocco possono essere rafforzate selettivamente. In Azerbaijan il presidente apertamente minaccia di “isolare” le opposizioni, disponendo dei flussi finanziari di aiuto a chi se “lo merita”.
In India il partito al governo di ispirazione nazionalista indù ha ritratto la minoranza musulmana come il vettore del virus.
In Giordania, Oman, Yemen e Emirati Arabi Uniti hanno proibito la stampa dei quotidiani, denunciando che essi possono trasmettere il virus.
In Thailandia il Primo Ministro autocrate, Prayuth Chan – Ocha ha dichiarato “al momento la sanità è sopra la libertà”.
L’immagine proviene da lì. La gente in fila davanti alla stazione di polizia di Banglamung dove ogni mattina vengono distribuiti pasti gratuiti. Con la maggior parte delle attività lavorative ferme, tanta gente non ha più i soldi per comprarsi da mangiare.
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