L’Australia aveva commissionato alla società francese Naval Group nel 2016 con la presidenza Hollande la costruzione di sottomarini ad alimentazione ibrida (carburante fossile e elettrico).
Si trattava per 56 miliardi di dollari con anno di consegna 2030. L’affare avrebbe creato migliaia di posti di lavoro e prodotto notevole consenso oltre che influenza geopolitica.
I sottomarini francesi, alimentati a diesel, rispecchiavano anche il sentore dell’opinione pubblica australiana da sempre contro l’energia nucleare.
il richiamo del pacifico
Il cambiamento dei piani è avvenuto in un contesto di sovraesposizione strategica. Non più sottomarini francesi, ma statunitensi e britannici.
La battaglia che si sta combattendo nell’Oceano Pacifico passa attraverso la creazione di gruppi con interessi comuni.
Nel commercio e nell’economia gli assi vengono tracciati dall’ASEAN, il CPTTP e l’USMCA che hanno una cosa in comune: escludere la Cina.
I gruppi che sovraintendono la sicurezza del Pacifico invece sono i Five Eyes (Australia, Stati Uniti, Nuova Zelanda, Canada e Grn Bretagna), AUKUS (Australia, Gran Bretagna e Stati Uniti) e QUAD (Australia, Stati Uniti, India e Giappone). Anch’essi dipanano la loro potenza attraverso lunghezze siderali da un capo all’altro dell’Oceano e congiungono popolazioni immense.
Hanno anch’essi un preciso scopo: controllare e contenere la Cina.
LA NUOVA GEOPOLITICA DELL’ASIA
Perchè tutto questo allarme per 8 sottomarini?
I mostri degli abissi sono armi sensazionali. La Naval Group, il primo (di questa storia) committente francese avrebbe prodotto dei sottomarini misti: diesel e elettrici. Silenziosissimi sotto costa, ma peccano di lungo raggio. Devono, infatti, rientrare alla base navale dopo due settimane per i rifornimenti.
I sottomarini nucleari che probabilmente avranno la corazzata degli americani Virgin e la tecnologia interna britannica (gli Stati Uniti difficilmente svelano i propri cyber segreti) sono più rumorosi sotto costa. Non hanno le caratteristiche della classica pattuglia in acque poco profonde.
Sono però dei veri e propri mostri marini capaci di viaggiare e appostarsi dovunque fino a che l’equipaggio può essere nutrito. Il sottomarino nucleare rientra alla base navale per fare i “rifornimenti” per l’equipaggio. Si ferma, insomma, solo per i viveri.
Tutto questo sottintende un diverso approccio geopolitico. Sono armi che cambiano il modo di vedere il proprio ruolo all’interno dell’area Indo – pacifica. Possono stazionare per mesi nei principali choke points marittimi (passaggi marittimi strategici e stretti che collegano tra loro due aree più grandi) tra le Filippine, l’Indonesia, Malesia, Tailandia etc.
Un tentativo esplicito di creare non pochi grattacapi ai vari attori vogliosi di diventare egemoni (riferimento puramente casuale).
Altro che Ventimila leghe sotto i mari
Una posta in palio è quella descritta da Bill Hayton, autore del libro “The South China Sea: The Struggle for Power in Asia”.
L’analista argomenta che lo scopo della Cina è di stabilire un mondo sino – centrico in cui gli stati clienti o satelliti in una sfera di influenza in espansione diventano conformi allo status quo di Pechino.
Tutto questo è per evitarlo!
Si vendono armi, ma anche libri.