L’arsenale scoperto nell’appartamento di Reda Kriket, un sospetto terrorista arrestato nel marzo 2016 vicino a Parigi, includeva esplosivi, fucili Kalashinikov AK – 47 e pistole provenienti dalla Croazia.
I terroristi che compirono gli attacchi di Parigi del novembre 2015 usavano munizioni per Kalashnikov made in Bosnia. I fratelli Koauchi, che hanno attaccato il settimanale satirico parigino Charlie Hebdo, nel gennaio delo stesso anno, imbracciavano fucili AK – 47 fatti dalla Zastava, un produttore serbo. Qualsiasi cosa i terroristi potrebbero avere condiviso, una ne hanno certamente in comune, la passione per i Balcani.
La tendenza mostrata dai terroristi di utilizzare le armi provenienti dai Balcani non è una sorpresa. Le guerre che hanno portato alla dissoluzione dell’ex – Jugoslavia degli anni Novanta e il collasso dello stato albanese nel 1997 hanno lasciato in dote un vasto rifornimento di armi leggere.
Uno studio ha stimato in 6 milioni il numero di armamenti da fuoco in mani private e civili di cui molti non registrati. La Serbia ha la più alta concentrazione di armi private per persona in Europa.
In un continente con stringenti regole sull’uso e il possesso delle armi, il Balcani risultano una benedizione per il terrorismo e il crimine organizzato. A Marsiglia hanno sequestrato a 26 gang, 9 Kalashnikov provenienti dalla ex Jugoslavia. La polizia francese dopo gli attentati ha intensificato i controlli scoprendo la routine degli invii di armi dall’Albania: 20 fucili al giorno nascosti nei furgoni in transito. Nel 2014, la polizia slovacca fermò un intero camion pieno di armi e granate diretto in Svezia.
I più grandi acquirenti sembrano però restare i governi stranieri, anche Occidentali. Nel 2014, aerei cargo australiani, americani, britannici e canadesi hanno raccolto 22 milioni di pallottole e altre armi dall’Albania e le hanno consegnate ai Peshmerga curdi per combattere lo Stato Islamico nel nord dell’Iraq.
Dalla caduta di Milosevic, avvenuta alla fine dell’anno 2000, gli Stati Uniti hanno comprato ingenti quantità di armi dalle industrie serbe della Zastava per equipaggiare le polizie irachena e afgana.
Un’altro studio della Armament Research Services conferma che il 17% delle munizioni utilizzate dalle milizie dello Stato Islamico sono di fabbricazione balcanica e video nei social media mostrano le milizie siriane che imbracciano fucili di produzione croata. Nel 2012, armi croate inoltre sono state comprate dall’Arabia Saudita e inviate via Giordania ai ribelli contro Assad.
Il 19 febbraio 2016, un raid americano in Libia contro una base dello Stato Islamico ha ucciso due che erano stati sequestrati a novembre. Aleksandar Vucic, il primo ministro serbo, dichiarò che le ragioni del sequestro erano connesse “ad alcuni accordi sulle armi”.
Nei Balcani si produce più storia di quanta se ne possa digerire, diceva Winston Churchill. Possiamo oggi scrivere che oltre alla storia si producono più armi di quante se ne possano distribuire.