Per lottare contro la disoccupazione giovanile, la Bielorussia applica una ricetta piuttosto atipica in Europa: il suo governo garantisce un primo impiego ai laureati. Eredità dell’economia pianificata sovietica, questa istituzione fa parte di uno zoccolo duro di diritti a cui la popolazione resta attaccata.
Mi sto riferendo al sistema obbligatorio di assegnazione post-laurea, la raspredeleinie, che letteralmente significa “Ripartizione”.
Creato durante l’era sovietica e mantenuto parzialmente dopo l’indipendenza ottenuta dal paese nel 1991, secondo l’articolo 83 del codice dell’istruzione questo sistema risponde:
“all’esigenza di protezione sociale dei giovani laureati e soddisfa il bisogno di specialisti, operai e impiegati dei diversi settori dell’economia e della sfera sociale”.
Nel 2018 ha coinvolto 19.300 studenti, ovvero circa il 60% di quelli che hanno lasciato i banchi delle Università.
Nel paese, il 6% vive sotto la soglia di povertà ben al di sotto del 15% della ricca adiacente Polonia.
Lukashenko, il presidente bielorusso, comanda dal 1994 e spesso lo ha fatto con il pugno di ferro, ha giovato di queste misure in linea con la filosofia sovietica di lotta contro l’ozio di cui la Bielorussia era una delle repubbliche più fedeli alla linea.
Addirittura la tesi è talmente radicata che Lukashenko stava per mettere una multa contro i disoccupati, come se fosse una colpa esserlo…una rivolta popolare lo ha fermato, ma non deposto.