Nello Yemen hanno sparato i fuochi d’artificio. In Somalia hanno distribuito dolci. In Siria hanno lodato i Talebani per aver provveduto all’esempio vivente di come buttare giù un regime criminale attraverso la Guerra Santa. I Jihadisti sono euforici per la caduta di Kabul in mano ai Talebani.
Nel lungo periodo il mondo dovrà negoziare con l’avanzata del Jihadismo dovuto all’umiliazione degli Stati Uniti. Il trionfo talebano riaccende il fuoco dei “combattenti per la fede” anche in altri paesi e sprona le reclute a raggiungerli nella Guerra Santa.
Una conseguenza? Alcuni che vivono nei “paesi ricchi” saranno ispirati a commettere atti terrorismo. Il rischio esiste per infondere terrore nella politica domestica. Ancora peggiore sarà l’effetto negli Stati più deboli dove i jihadisti non saranno mossi dal desiderio di uccidere ma di controllare territori o impedire ai governi di esercitare la sovranità. In Stati come Pakistan, Yemen, Siria, Nigeria, Mali, Somalia e Mozambico, lo stanno già facendo.
Il malgoverno crea una voragine per il Jihadismo. Quando uno Stato è ingiusto, i suoi cittadini potrebbero immaginare che un altro guidato dai Jihadisti potrebbe fare meglio. Anche se non prendono le armi per supportarlo le persone possono farlo velatamente all’interno della società. Molti afgani rurali hanno deciso che la giustizia talebana sebbene dura fosse più veloce e meno corrotta dei tribunali governativi e che i posti di blocco fossero meno avvezzi a ricettacoli di saccheggiatori.
Questa è una delle ragioni per cui la marcia finale dei talebani ha incontrato così poca resistenza.
la psicologia funesta
L’altro aspetto è psicologico. Loro hanno vinto perchè quando gli Stati Uniti e la Nato se ne sono andati, gli afgani non hanno voluto morire per una causa persa. Questo è un principio che può essere ripreso anche in altri turbolenti scenari. I Jihadisti della Nigeria settentrionale, primo fra tutti Boko Haram sono difficili da sconfiggere perchè la gente locale detesta il governo centrale e gli ufficiali dell’esercito vendono le loro stesse armi alla guerriglia e intascano i quattrini.
L’altra psicologia funesta è nell’Occidente. La lezione del fiasco afgano deve essere ben issata nella memoria dei capi di Stato e nell’opinione pubblica del ricco mondo. Cosa succede in Afghanistan o negli Stati “falliti” interessa non solo le persone che vivono là ma anche il resto del Pianeta.
Una calamità a Kabul significa un maggiore flusso di migranti, più attacchi jihadisti e una più grande chance che altre insurrezioni islamiste prevarranno.
Un’altra lezione, forse la più importante, è che un approccio militare al fenomeno del Jihadismo fa poco per rendergli meno fertile il terreno. La soluzione a lungo termine è costruire stati meno orribili e meno esclusivi. Se il vecchio governo afgano fosse stato meno corrotto e meno inetto nel negoziare con il potere tribale, avrebbe potuto dimostrarsi più resistente e quei 300 mila uomini e donne delle forze di sicurezza di cui parla Biden forse avrebbero dato la vita per lo stesso. Nella medesima maniera, se il nord del Mozambico, il sud della Tailandia, il Kashmir e una vasta parte del Sahel fossero stati meglio governati non sarebbero diventati dei “paradisi” per i jihadisti.
il cambiamento climatico soffia sul fuoco
In tutto questo scenario si inserisce il cambiamento climatico. Frequenti siccità, conflitti per l’acqua e per i pascoli e carestie alimentano le fila degli scontenti. I donatori internazionali provvedono ai finanziamenti, ma sono i locali a costruire la nazione e quando il fallimento è evidente, le sirene Jihadiste sono sempre seduttive.
anche i talebani hanno il loro tifo
Quando un presidente americano viene eletto c’è la corsa per parlargli. Anche per i talebani, una volta presa Kabul, c’è stata un simile gara. Il vincitore è stato il leader di Hamas, Ismail Hanyeh, il gruppo Jihadista che controlla la striscia di Gaza. Ha postato nel sito dell’organizzazione la chiamata fatta al leader talebano Baradar. Si è congratulato per la vittoria sull’occupazione americana, un simbolo di resistenza messo a vessillo come l’occupazione israeliana dei territori palestinesi.
Anche nella provincia siriana di Idlib, occupata dal gruppo jihadista affiliato ad Al – Qaeda, Tahrir al – sham, i miliziani hanno fatto una parata e distribuito baklava a tutti.
Tre giorni di celebrazioni hanno preso piede nei distretti meridionali della Somalia controllati dai miliziani di Al – Shaabab, un gruppo anch’esso affiliato ad Al – Qaeda.
Jihad e propaganda social
Nei social media jihadisti di tutto il mondo sono stati condivisi memes celebranti la vittoria dei talebani ispirati spesso dalla famosa foto di Joe Rosenthal del marine americano intento a issare la bandiera sull’isola di Iwo Jima.
Da Al – Qaeda nessuna comunicazione ufficiale. Sonno profondo. I pionieri del violento Jihadismo islamista non sono stati però sconfitti. Ci sono gruppi attivi in Pakistan e nel Medio oriente come nell’Africa saheliana, in India, Indonesia, Malesia, Tailandia e nelle Filippine.
Foraggiano instabilità. Molti combattono nemici interni piuttosto che nemici come gli Stati Uniti e gli alleati Occidentali. Ispirano i lupi solitari a compiere attacchi in Europa, America e in Oceania. Il Jihadismo è un’ideologia che l’Occidente cerca di combattere con soldi, truppe e consiglieri in mezzo pianeta.
Nel 2020 gli Stati Uniti erano presenti in una dozzina di Stati africani con 7 mila uomini e avevano 40 missioni di controterrorismo in altri 40 paesi della Terra. La guerra al Terrorismo non è finita come dice Biden. Forse sono finiti i soldi per combatterla in Afghanistan.
dove nasce la jihad?
L’islamismo militante non è partito con i Talebani e Al – Qaeda. Le sue origini intellettuali vanno collocate tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento. In Egitto avviene la radicalizzazione come forma di rigetto del Socialismo e del Capitalismo e contro quei regimi Secolari e Nazionalisti in balia di queste ideologie.
Sayyid Qutb, un leader dei Fratelli Musulmani egiziani, divenne il più grande teorico del movimento. Il pensiero contro la morale dei nativi e sui loro costumi sessuali costituiva il nadir dei primitivi a cui dovevano opporsi. Fuggì negli Stati Uniti ed estradato nel 1966 in Egitto fu giustiziato. La Fratellanza sopravvisse alla sua morte e fu ricostituita in alcuni paesi.
Con l’invasione sovietica dell’Afghanistan però arriva il cambio di passo. Il movimento di resistenza dei Mujaheddin riscopre il valore della guerra santa globale. Prende vita il Jihadismo salafita.
L’epica dei Mujaheddin ampiamente finanziata dall’Occidente vedeva tra le sue fila un giovane saudita di nome Osama bin Laden che aveva ereditato una fortuna dall’azienda di costruzioni di suo padre e che aveva studiato con il fratello di Qutb. C’era anche Aden Hashi Farah Aero, uno dei fondatori delle milizie somale Al – Shaabab. Era presente anche Abdelmalek Droukdel, uno dei fondatori di Al- Qaeda nel Maghreb islamico, un gruppo attivo in Mali in Niger tanto potente da minare la stabilità degli Stati. Infine, era con loro anche Abu Musab Al – Zarqawi, uno dei fondatori dello Stato Islamico.
In Afghanistan è cominciato tutto ed ecco perchè questo Stato è così importante. Questo ho capito mentre origliavo.