La crisi dell’Euro ha spinto molti popoli fuori dalla prospettiva di unioni monetarie. Non nel continente Nero a quanto sembra. A novembre 2013 i leaders di 5 paesi della Comunità Africana Orientale (East African Community – EAC) hanno siglato un accordo sulla formazione di un’unione monetaria entro 10 anni (CEMAC).
Un mese prima i politici dell’Africa occidentale hanno negoziato un piano sull’introduzione di una nuova valuta condivisa, l’Eco, che verrà introdotta nei prossimi anni.
Nel 2015 un iniziale gruppo di 5 Stati comincerono la preparazione all’adozione dell’Eco entro quell’anno. Nel 2020 sarà il turno dei membri dell’Unione economica e monetaria dell’Africa occidentale (Union Economique et Monétaire Ouest Africaine – UEMOA), i quali già condividono il Franco CFA, creando così un’unione monetaria per più di 300 milioni di persone.
Nel 2015 hanno adottato l’Eco:
Ghana, Guinea, Nigeria, Liberia e Sierra Leone.
Entro il 2020 entreranno nella “Ecozona” i membri UEMOA:
Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea – Bissau, Mali, Niger, Senegal e Togo
Cecile Couharde dell’Università di Parigi X Nanterre evidenzia il differente approccio fiscale tra i paesi UEMOA dagli altri. I secondi sono molto disciplinati in relazione al fatto che la loro attuale valuta è ancorata con un tasso fisso all’Euro e garantita dal governo francese.
Tali presupposti rendono la valuta molto stabile rispetto agli standard africani. Gli altri 5 Stati non hanno avuto un protettore internazionale come la Francia pertanto fiscalmente sono meno preparati, ma hanno il vantaggio di aver sperimentato con le loro valute nazionali il regime di cambi flessibili e la conseguente necessità di sviluppare un’economia competitiva.
Gianluigi Giorgioni dell’Università di Liverpool sottolinea altri tre aspetti problematici : il differente livello di crescita economico, la diversità in senso stretto dell’economia e le drastiche differenze di dimensioni del PIL dei paesi che adotteranno l’Eco.
I paesi UEMOA sono cresciuti la metà degli altri 5 della controparte sub – sahariana. Questo potrebbe creare degli squilibri in termini di fissazione dei cambi al momento dell’entrata nella moneta unica. Un errore nella determinazione, potrebbe costare enormi sacrifici economici alle popolazioni dello Stato coinvolto per cercare di riequilibrare il sistema.
Il secondo e il terzo aspetto possono essere riassunti con un semplice esempio. La Nigeria è uno Stato con un PIL di 260 miliardi di dollari. Il PIL dell’intera zona economica dell’UEMOA è di appena 75 miliardi. La ricchezza prodotta dalla Nigeria è pertanto 3 volte e mezzo quella prodotta dai 7 paesi dell’UEMOA uniti insieme. Una discrepanza di notevole impatto.
Se aggiungiamo che un terzo del reddito nazionale nigeriano, secondo l’Ocse, deriva dai proventi relativi all’esportazione di petrolio mentre gli altri paesi sono tutti importatori netti di Oro Nero, completiamo il quadro dell’assoluta diversità economica tra i paesi che adotteranno l’Eco.
Il maggiore rischio per la nascente moneta risiede nell’alto rischio di vulnerabilità agli attacchi speculativi. La Francia non garantirà l’Eco e questo porterà i mercati ad essere nervosi e scettici. Ogni negligenza fiscale sarà punita. Ogni instabilità potrebbe essere fatale.
Se una regione ricca come l’Eurozona ha combattuto aspramente per tenere testa alla tanta pressione dei mercati, la probabilità che gli Stati dell’Ecozona, più poveri e con deficit di governabilità elevati, possano riuscire nell’impresa è molto stretta.
Ma come diceva Albert Einstein. Meglio essere ottimisti e avere torto, piuttosto che essere pessimisti e avere ragione.
Foto estrazione di petrolio in Nigeria Credit by www.rnw.nl