Quando Vladimir Putin arrivò al G20 di Brisbane, cinque anni fa, appariva come una figura isolata tagliata fuori dal mondo civilizzato a causa dell’annessione della Crimea, dell’invasione dell’Ucraina orientale e per l’abbattimento dell’aereo di linea che causò la morte di famiglie olandesi e australiane.
I leaders occidentali lo buttarono fuori dal G7 e imposero le sanzioni. Alcune rifiutarono perfino di darli la mano. Umiliato e snobbato abbandonò presto il meeting.
Cinque anni dopo, spavaldo, si ripresenta sul palcoscenico mondiale presidiando il Medio oriente, costruendo strategiche alleanze con la Cina e seminando discordia tra gli alleati Nato.
Era nella residenza di Sochi e non nella dimora di Donald Trump a Mar a Lago in Florida che il presidente turco Recip Tayyip Erdogan ha fatto visita il 22 ottobre per sigillare il destino della Siria e dove i 40 leaders africani il 23 ottobre sono andati in cerca di armi e soldi.
L’incontro con Erdogan ha cementato la posizione dominante della Russia sul Medio oriente con un accordo che stabilisci il controllo militare condiviso sui territori rivendicati dai curdi.
Agli inizi di ottobre Putin è stato ricevuto con tutti gli onori in Arabia Saudita, il terzo produttore di petrolio del mondo. A dargli il benvenuto il principe Mohammed da Bin Salman con la banda nazionale a diffondere l’inno russo e uno stormo di aerei sfreccianti con la scia dipinta con i colori della bandiera russa.
La spia che venne dal freddo è di nuovo pronta!