Tayyp Erdogan è stato il primo sindaco di fede islamica di Istanbul. Fu eletto nel 1994 come primo cittadino dell’ex Costantinopoli e come candidato del Refah Partisi: il Partito del Benessere che fu sciolto con sentenza della corte costituzionale turca nel gennaio del 1998 con queste motivazioni:
Le affermazioni di svariati esponenti del partito infatti avevano permesso di appurare che, al di là dei programmi ufficiali del movimento, formalmente rispettosi del principio di laicità, il Refah Partisi si era esposto alle accuse di violazione della Costituzione su tre fronti, vale a dire:
a) sostenendo la prospettiva di introdurre nel paese un principio di pluralismo giuridico, con diversità di status giuridico secondo l’appartenenza religiosa dell’individuo;
b) mirando a introdurre, come regola fondamentale dello stato e, in particolare, per quanto riguardava i rapporti privati tra turchi di religione musulmana, la sharia;
c) infine, minacciando, negli interventi di suoi autorevoli esponenti, il jihad, o guerra santa, nei confronti di quelle forze che avessero contrastato tali suoi progetti.
Centro Diritti Umani – Università di Padova Nota di Paolo Di Stefano
La questione della laicità dello Stato è un cardine imprescindibile della moderna Turchia, nazione fondata sulle ceneri dell’impero Ottomano nei primi Anni ’20 dello scorso secolo subito dopo la Grande Guerra. Il legislatore turco era ben consapevole di questo principio quando ha sentenziato contro il Refah Partisi nonostante fosse il più grande partito turco e vincitore delle elezioni.
Erdogan però era determinato e nonostante le accuse di essere un “desecolarizzatore” fondò un nuovo partito Ak Parti (Partito della giustizia e dello sviluppo) e conquistò il potere nel 2002.
Istanbul è lo spartiacque della politica di oltre Bosforo. Rappresenta il 20% della popolazione turca, ma quasi il 40% del PIL, il suo significato simbolico è stato più volte sottolineato dallo stesso Erdogan, salvo poi nasconderlo negli ultimi giorni, con i sondaggi sotto gli occhi.
Questi ultimi giorni che sono stati fatali: un tremendo schiaffo al Sultano che ha tentato di evitare la sconfitta ricusando il risultato delle elezioni di marzo così da doverle ripetere invano. Non è bastato il grande nome della nomenclatura islamista turca come l’ex primo ministro Binali per evitare la débacle.
Il CHP, partito popolare repubblicano aveva finalmente indovinato il profilo del candidato, Ekrem Imamoglu: un personaggio ideale capace di essere inclusivo ed equilibrato, razionale e aperto, tutte caratteristiche affascinanti nel caos della Turchia di oggi.
Imamoglu avrà ora 5 anni per dimostrare di essere un buon amministratore e per sostituire il vecchio e ossidato Kilicdaroglu, Segretario del Partito di Erdogan e non deludere le centinaia di migliaia di persone che hanno assistito alla liberazione di Istanbul.